domenica 29 gennaio 2012

Balasso testimonial Superalcolici

Van Gogh e i viaggi suoi

Tornando a bomba su "Van Gogh e il viaggio di Guaguin", che si può ammirare in quel di Genova, lasciamo Gauguin alle sue fughe dalla responsabilità e andiamo su Van Gogh, che alla mostra, la fa da padrone. Sì, perché i quadri di Van Gogh sono molti e si possono leggere  a corredo le accorate lettere al fratello Theo. Lette scritte molto bene, perfette,in una lingua forbita e una grafia minutissima, precisa, lineare in script piccolo e ordinato, di persona introversa e schiva ma precisa in modo maniacale e amante dell'ordine, della verità,degli ideali, della bellezza. 
Si tende a pensare alla follia come alla tendenza al caos, al disordine, alla vita dissoluta del genio che ama la sregolatezza ( o non può fare a meno di viverla), senza pensare che può anche originarsi nel desiderio di tener tutto sotto controllo, di dare un senso  all'esistenza, ma non uno qualsiasi: elevato, nobile, bello.Alla ricerca di ciò che è grandioso.Di una purezza oltre i limiti posti dalla realtà, spesso mediocre o splendida per gli splendidi e Vincent splendido, non è. Si fa portavoce del disagio e  della miseria, dipinge scene cupe di un dispiacere povero di vivere che vorrebbe riscattare, in qualità di pastore, ma è una strada che gli viene negata.
Continuerà a guardare ogni cosa con religiosità: oggetti, fiori, paesaggi.
Conoscevo le lettere a Theo.
Già ero al corrente della dolorosa corrispondenza, fatta d'amore e vergogna. Vincent necessita di Theo, ma spesso la  dipendenza crea negli uomini di carattere disagio.Vincent cerca di ripagarlo con l'arte, e vaga,alla ricerca della mutevole luce e del bello.
In Van Gogh il viaggio è estetico, è una continua ricerca pittorica, è espressione diretta di ciò che vede, trasfigurato dall'IO, perché in Van Gogh il filtro, la chiave di lettura è l'amorosa ricerca di se stesso, che quando trova, infine, decide di curare e, non ottenendo il risultato di una guarigione , uccide. Volutamente, senza possibilità d'appello, s'uccide Van Gogh PITTORE.La consapevolezza della sua funzione non viene mai meno, come se dipingere fosse una missione.
 In altre occasioni ho visto quadri di Van Gogh. In più occasioni, mai così tanti in contemporanea, non essendo mai stata ad Amsterdam.
La sua pittura non è una novità,ma la sua forza, la forza della scontentezza,è la vera arma creativa.
Van Gogh emerge.
Le sue linee e i suoi colori aggrediscono di beltà.
La passione e il sentimento piegano il ferro dell'estetica, in Van Gogh, e la bellezza umana, che ha invano cercato, diventano interpretazione della bellezza di ciò che ci circonda.Un'apoteosi verde, acquea o fiorita.
Allora affidi a Van Gogh il compito di farsi portavoce del tuo tumulto.
Sei felice che il colore gli abbia fatto da balsamo, pur non avendo, spesso, il pittore il denaro per comprarne.
Dalle lettere traspare una continua lotta col quattrino, che pure Theo non lesinava, ma sappiamo che viaggiare, vivendo d'arte è pura follia, non meno dannosa della scontentezza di vivere in una realtà sempre più brutta della sua intima raffigurazione, che in molti tocchiamo con mano ogni dì.
Sempre meno nobile.
Sempre più poveramente umana.
Ma il suo sole è Dio.
I suoi fiori sono Dio.
Il suo mare è Dio.
Le verdi fronde, ancora Dio.
Da Van Gogh tutta la passione che deve bastare per più vite, la sua sperperata a raccontarsi per poi autodistruggersi, la nostra spesso priva di coraggio, di azione o al contrario...che ti rimbalza, ritorna, slanci sprecati, contro il muro di gomma dell'inutilità di una realtà incapace di meritare tanto amore.

Nulla è lasciato al caso, in Van Gogh, è un perfezionista. La tecnica studiata, la partecipazione vivissima...



Van Gogh e il Mar Mediterraneo è un incontro amoroso.
Un destino crudele, fatto di sole ed eccitazione. Verde, azzurro, giallo.
Mediterraneo, colore, Van Gogh.
Festa in Cielo.

Nonostante la marea di teste, davanti a questo mi son trovata, infine, sola.Lo sciame intruppato, cuffiato, era migrato altrove.
Io e le *mie* barche.
La natura bambina del mio amore da animale (terrestre di pianura) timido e pauroso per il mare.


E così ora le mie barche sono un magnete sulla porta del forno.



sabato 28 gennaio 2012

La forza della scontentezza

Sabato scorso sono stata a Genova  a vedere una mostra : "Van Gogh e il viaggio di Gauguin".
Materiale vario, collegato da un tema: il viaggio che, sinceramente, ho trovato un po' forzoso. Preferisco le mostre monotematiche, per autore e/o movimento, invece in questo caso gli autori erano accostati con troppa disinvoltura, che mi è parsa dubbia, ma mi ha risparmiato di andare a Boston, in quanto molti quadri da là provenivano.In ogni caso, una mostra piacevole, ricreativa per lo spirito, nonostante entrassero nelle sale più persone di quelle indicate dal buon senso. Una folla, una marea di teste, qualche piede pestato,qualche cappotto in faccia, qualche transito davanti ai pannelli da leggere e non per maleducazione, per goffaggine. Si può evitare facendo entrare gruppi più piccoli, in modo che ci sia inoltre posto in guardaroba e non ci si debba portare appresso qualche kg di piumino d'inverno. Nell'insieme tuttavia, tanta buona arte, un bel percorso, dalla camera di Van Gogh, ricostruita in un'installazione, ma con appesi i quadri di Morandi, a sottolineare la staticità della casa  e come il viaggio si possa compiere anche in una stanza chiusa all'apoteosi del viaggio alla ricerca dell'Io, ma onorando il paesaggio, vero protagonista.
Amo Morandi.
Lo spazio angusto permette di rendere lo sguardo più penetrante, enfatizza l'amore domestico, la passione per gli oggetti. Dilata la casa.

Di Gauguin il testamento spirituale, l'ultima grande opera,
"Chi siamo? Dove andiamo? Da dove veniamo? "riassuntiva di un credo, di un pensiero, di un sogno.
A parere mio disatteso.
Lontana, gli muore la figlia, lui crepa nelle sue Isole, consumato dalla sifilide.
Crolla il mito sia del buon selvaggio, come quello di chi selvaggio non è e che ritorna alla natura e rinasce, libero e bello, non ci ho mai creduto e vorrei che Gauguin fosse usato meno per mentire.
Il grande lavoro non mi  è piaciuto, pur avendo grande stima per il pittore e rispetto per la produzione di per sé, ma concordo con Renoir: si può dipingere anche a Batignolles. Si può essere Morandi e non Gauguin, si può vivere senz'avventura plateale. Simbolismo sprecato, era un infelice, da colori felici e dalle forme tozze delle sue sgraziate donne.

                 Si respira di più davanti a un Monet e al suo giardino, c'è il plastico, alla mostra.
Un giardino splendido, ricco, ridondante,sublime, mortificante per molti di noi, che siamo timidi visitatori che abbiamo al massimo un po' di fiori in terrazzo.
Monet è rasserenante, estetico, perfetto. Il cuore s'apre con Monet, si liquefa nel colore. Si dissolve nella luce e forse non sa che la vita di Monet fu un susseguirsi di lutti terribili e desolanti.Una costante messa in scena della bellezza punteggiata di morte da esorcizzare.

E colore è anche Kandinskij, emozionante, non per nulla affascinato, a suo tempo, da Monet.



Un giardino che fu rifugio e prigione, per anni il viaggio di Monet fu nel suo giardino, non oltre.Pittura all'aria aperta di un mondo rarefatto.
Ninfee, ninfee, ninfee.


E poi incantarsi nell'eleganza di Turner. Nessuno signorile come Turner, ti vien voglia di togliere il cappello o di velare il capo, se donna. 


L'entusiasmo pioniere dei novelli Americani, ubriacati di spazi e di perfezione del continente da scoprire e colonizzare. Church e Bierstadt, quasi un binomio romanzesco o dell'entusiasmo.

E poi Homer e Hopper, graditissimi. Miti che non avrei potuto accostare se non con il viaggio, mio e non modesto, come raggiungere Genova, come invece ho fatto...


Colori puri e netti. Luce tagliente.Un bagno di luce geometrica, Hopper.
E altri, altri autori a mostrare il loro sguardo innamorato al/del paesaggio  e io in contemplazione, perché tutto è già esistente, basta guardarlo e non  è sufficiente una vita per vederlo, tacendo ( mi piace il silenzio, la pittura parla) e una tavolozza per onorarlo.

E ammettere, non ho mai amato Kandinskij, perché non avevo mai visto dal vivo una sua opera. E' una furia.
E'il trionfo della forma e del colore, è la forma perfetta che può scegliere il colore  se si potesse incarnare...ma mi si perdoni se il Re della mostra resta Van Gogh. Insuperato, emozionante, poliedrico, sensibilissimo, intelligente, pignolo. La follia della precisione  e non quella della scelleratezza.
Per Van Gogh, il prossimo post.

venerdì 27 gennaio 2012

Un ciclo concluso

Questo 2012 comincia facendo tabula rasa delle illusioni del precedente e forse di una serie di precedenti.Tutte. Per salvarsi ripesca nel baule delle cose e delle esperienze vecchie, sperando di trovare un tesoro nascosto, il Gronchi rosa della propria esistenza, da rivendersi. 
E trova sgomento, molta sapienza in automatico e una noia mortale.La noia pesante che nasce dalla morte del sogno, dalla passione accantonata, dalle costrizioni e dalle parole non dette o, peggio, non ascoltate. 
Il tuo ruolo è esattamente quello che non volevi, è Samarcanda. Non ti resta che trovarti un alloggetto in affitto, lì  e abbaiare alla catena a chi s'avvicini troppo e non abbia un buon odore.


domenica 22 gennaio 2012

Perché l'empire des lumières?

Il presente blog non si chiama Carta Scritta, come il precedente, nella vita non si reitera, si volta pagina:
http://balsamodicartascritta.splinder.com/

ma L'Empire des Lumières...
Ricorda un quadro di Magritte.
Un frutto dell'arte surreale, iperreale. Un paesaggio tra il misterioso e l'ordinario : una casa, un buon rifugio, in una notte di pioggia, una casa accogliente, con luci calde che le finestre mostrano, ma non si vede nessuno, resta il timore che ciò che sembra accogliere, proteggere  e scaldare sia in realtà una trappola, un'illusione. Tutto è realistico, tranne il cielo. Il cielo è azzurro, pervaso di nubi bianchissime, un cielo diurno.
Allora la casa abita la dimensione del sogno? E' notte o è giorno? Si tratta invece di un fondale teatrale?
Qual è l'illusione? La casa stessa? Il giorno? La notte?
Come superare l'incongruenza, chi ci accoglierà al caldo e al coperto? 
La vita è tutta una bizzarria?
Alla fine ci addormenteremo o ci sveglieremo?
In che stanza abita la fiducia? In quale la follia di vivere?
Dove abbiamo dimenticato l'essere positivista, saggio, che accompagnava i passi dei bambini, che necessitano sicurezze?
Come quando ti vengono a chiedere: di che colore dipingo le fragole? 
Rosse,vanno  a posto a colorare ,senza chiedere altro.
Ma se rispondi: non hai mai visto una fragola? Sono loro a rispondere: rosse, ma ogni sicurezza diventa veramente tale se confermata, condivisa,usata come trait d'union tra le anime.
Di questo abbiamo bisogno: sconfiggere ogni giorno un po' di mistero, per dare un senso logico alla vita, che spesso non ne ha o la logica trascende il nostro misero potere.


sabato 14 gennaio 2012

Il bruco Edmond

Sarebbe stato opportuno riportare, con certosina fedeltà,tutto ciò che era stato pubblicato sul blog precedente, che molti ancora cercano, se non altro per i riassunti dei romanzi classici, che proponevo in qualità di riflessioni/recensioni, invece non mi va. Ogni cosa che inizia o che ricomincia, necessita una sferzata di novità. Ricomincio da qui, ricomincio da me. La vita è curiosa assai, intanto. Se ne inventa di tutti i colori quando pensi che sia finita, quando  non sei finito tu...Ciò che è stato non ritorna,ma nulla va perduto e rientra nel suo letto, in forme varie, prima o poi, come un fiume che conserva memoria del suo passaggio. A me piace la forma dialogante del blog, quando si parla di sé. E di me vi parlo, ovvero: del bruco Edmond.
Ho acquistato i broccoli, i proletari vituperati broccoli, un tempo disprezzati e ora ripescati dai salutisti perché sani e io aggiungo buoni, anche se li ho snobbati per un periodo lunghissimo della mia esistenza. Invece sono parte di un gustosissimo risotto verde e sono buoni in insalata, lessati velocemente in quanto teneri e si scarta ben poco, se li si cuoce bene.
Qualche giorno fa ho comprato un broccolo, dal verduraio, dal suo banco frigo. Era avvolto nella pellicola.
L'ho portato  a casa e l'ho riposto, con altri acquisti, su un ripiano del frigo, dentro un contenitore. Metà l'ho lessato, per mangiarlo in insalata, un quarto in un secondo momento m'è servito per un gustoso risotto bicolore: una rosa centrale arancione ( alla zucca) e una corona circolare verdina. 
Di broccolo ne è rimasto un pezzetto, in un piatto di vetro opaco, bianco.
Mi pare di vederne muovere una cimetta, guardo meglio: è un bruco. Un grosso, grasso bruco verde che s'è fatto il viaggio orto/negozio, è stato avvolto nel cellophane, è sopravvissuto nel frigorifero anche quando la sua casa/cibo praticamente gli era stata completamente sottratta.
Lo muovo, è vivo.
Fragile, molle, potrei schiacciarlo con un lembo di tovagliolo di carta poi penso: che tenacia, che rassegnazione nelle peripezie, che voglia di vivere. Da un orto pieno di broccoli a un frigo straniero, vivo.
Il coraggio dei fragili mi piace, su quell'isola di broccolo mi pare un sopravvissuto e lo chiamo Edmond, come Dantes.
Lo costringo ad ulteriore trasloco, lo adagio su un letto d'insalata e gli dico: vediamo, se riprendi a mangiare, se ti va bene anche il radicchio,se ne approfitti o te ne vai per casa, cercando la morte avventurosa.
Il tipo resta raggomitolato su di sé per un po', poi comincia a mangiare e defecare.
Il mattino dopo è ancora lì. S'allunga, con la testina, a sperimentare il mondo esterno, strisciando.S'è pappato diligentemente un bel po' d'insalata, facendo il suo dovere di bruco (fortunato). Ha colto il messaggio, ha ripreso  a brucare, il bruco.
Non so di che farfalla sia, né se mai riuscirà a diventare tale (sempre che gli convenga), ma è vivo.
Nella più totale precarietà in balia del destino.
Ha un coraggio da...bruco, Edmond.
Se ti avvicini, t'avverte, sta in guardia. Si blocca, si raggomitola, sta in attesa. Sa aspettare. E' conscio di sé e della sua funzione, Edmond.
Gli ho fatto trascorrere, oggi, una bella giornata. Da bruco viziato. Oltre al radicchio ha il lattughino, la rucola, la valerianella.S'è ficcato sotto una foglia di trevigiana e dorme, credo, così come il cane s'è arrotolato su  se stesso sulla copertina da aeroplano.
Non resta che scivolare sotto il piumone e far parte di una natura ignara, che intanto è lo stesso e il sonno è un premio che Dio concede ai vivi.